mercoledì 14 dicembre 2016

VISITA AL CARCERE DI BOLLATE

Da un po' di tempo mi sto interessando alle questioni legate alla giustizia. Questo tema è uno di quelli su cui si concentra maggiormente l'azione del Movimento 5 Stelle, ma anche il dibattito nell'opinione pubblica.
Parlare di questo argomento in questo periodo storico e nel nostro paese non è per niente facile e ci scrivono sopra libri persone decisamente più preparate di me, che di fatto non ho alcun titolo per trattare certi temi. Come membri delle istituzioni, però, abbiamo il dovere non solo di cercare di fornire soluzioni ai problemi di ordinaria amministrazione, ma anche di sviluppare un dibattito etico, morale e sociale. Anche sotto questo punto di vista non ho titoli per parlare ma provo comunque, molto umilmente e conscio dei miei limiti, a dar il mio piccolo contributo.
Come ho detto essendo l'argomento incredibilmente vasto mi limiterò a qualche piccola considerazione.
Molte persone da quando ho iniziato ad approfondire cercando di imparare mi hanno aiutato in questo percorso. Ultimamente sono soprattutto due e una di queste è Gianni Rubagotti, dell'Associazione per l'Iniziativa Radicale Myriam Cazzavillan. Una delle cose che ha fatto nella sua opera di sensibilizzazione nei miei confronti (e in generale per i membri delle istituzioni a livello locale) è stata quella di organizzare delle visite ispettive nelle carceri della zona, portandosi dietro qualcuno di noi. Ho subito accettato l'invito di Gianni, così insieme a lui e a Riccardo Olgiati, portavoce per il Movimento 5 Stelle nel Comune di Legnano, sabato 10 dicembre siamo andati nella Casa di Reclusione II di Milano (meglio nota comunemente come carcere di Bollate).
Potete trovare un resoconto e i commenti “a caldo” dopo la visita a questo link, https://iniziativaradicale.wordpress.com/2016/12/11/resoconto-visita-al-carcere-di-bollate-10-12-16/ quindi eviterò di ripetere in questa sede quanto riportato lì. Ci tengo però a ringraziare anche io il direttore del carcere Massimo Parisi e la vicedirettrice Cosima Boccoliero per il colloquio introduttivo avuto con loro, la commissario Pieradenti che ci ha introdotto nel cuore della Casa di Reclusione e la Viceispettore Irene Nastasia che ci ha guidato negli ambienti visitati. 
Vorrei per un momento riflettere più in generale su come viviamo l'approccio alla questione carceraria e alle questioni di giustizia. Capisco benissimo il sentimento di rabbia e di esasperazione dei cittadini nei confronti di una illegalità diffusa nel nostro paese. Io stesso e la mia famiglia abbiamo proprio un paio di settimane fa subito un furto con scasso nella nostra abitazione e, ve lo dico sinceramente, forte è il risentimento per questo episdio. Questo però non deve accecarci e allontanarci da quello che deve essere il nostro obbiettivo: una giustizia equa. Giustizia equa per me significa condizioni umane di detenzione. In carcere non ci finiscono solo persone “cattive” che fanno del male a persone che non se lo meritano, a innocenti. Dietro le sbarre si trovano anche persone che anzi hanno difeso deboli e innocenti, magari esagerando un po' e infrangendo la legge, a volte senza l'intenzione di farlo. E inoltre ci stanno persone in attesa di giudizio che magari, dopo anni di processi, vengono assolte con formula piena per non aver commesso il fatto.
Al di là di questo uno Stato degno di questo nome che non garantisce condizioni di detenzione giuste, quasi vendicandosi sul detenuto, svolge nel modo migliore il suo compito? Credo proprio di no, e anzi si abbassa al livello di chi ha compiuto crimini con cattiveria.
Lo so, queste mia riflessioni per molti potrebbero sembrare banalità e probabilmente lo sono, ma mi sembra doveroso riportarle proprio perchè il clima di tensione in cui viviamo ci porta a dimenticarcele o non vederle. Troppo spesso quello che vogliamo è vedere persone marcire in gattabuia, non rendendoci forse bene conto di cosa significhi per una persona essere privata della propria libertà di fare quello che per noi è scontato, e a cui non diamo molto peso, non rendendoci bene conto di quanto siano 15 anni di galera. Forse se pensassimo che sono più di 130 mila ore, quasi 8 milioni di minuti la nostra percezione della cosa sarebbe diversa. Questo ovviamente non significa che mi dispiaccia che una persona venga messa in galera a prescindere. Chiaramente chi ha sbagliato deve pagare, in maniera equa e in proporzione al reato commesso. Però credo che nel giudicare le pene a volte usiamo un po' troppa leggerezza. Alla fine si ritorna sempre al solito discorso delle guerre tra poveri, mentre chi ha grosse responsabilità nella creazione del mare di disperazione e sofferenza della criminalità spesso non viene minimamente sfiorato da conseguenze delle sue azioni. Vi sembro populista? Vi sembro demagogo? Beh, vi anticipo che su queste due parole prima o poi ci torniamo in questa sede...
Chiudo qui questa mia modesta divagazione. Forse tornerò a parlare di questo tema prossimamente, anche perchè ho in programma di andare a visitare almeno un altro carcere con un portavoce del Parlamento.

A presto,  

Benedetto


Nessun commento:

Posta un commento